Mi sono addormentato leggendo queste parole di John Berger: «In ogni madrelingua, la mia è l’inglese, ci sono tutte le parole esistite nel tempo e che esisteranno nel tempo. Quelle parole sono nell’utero della madrelingua.»
Credo siano queste parole che, qui, dal dormiveglia, stanno dando vita a uno strano pensiero che non so come potrà reagire alla logica diurna. Ma è un’idea che mi affascina. Eccola.
Mi sto chiedendo se, anche per le immagini, esiste una lingua madre, un utero che contiene, se non tutte, almeno un piccolo nucleo, un corpus di immagini che ci accompagnano nel tempo. Immagini più o meno ricorrenti che ritornano, poi, nel corso della vita e delle nostre visoni. Come, per me, il vuoto delle campagne lungo la ferrovia della mia infanzia, la luce dei lampioni che non riesce a sfondare la nebbia, la sala silenziosa dopo una lite tra i miei genitori …
Mi sto chiedendo se, per caso, non provengono dall’utero di questa Immagine-Madre le ‘inquadrature naturali’ di Luigi Ghirri
il Cile di Sergio Larrain
la Sicilia di Enzo Sellerio o di Carmelo Bongiorno
Sta suonando la sveglia. Mi alzo con questo pensiero che mi ha regalato la notte.